Senza emozioni, sentimenti o turbamenti. Quasi sempre senza
pietà.
Sullo sfondo indefinito del tempo ecco fluire la gelida
successione degli eventi: è la Storia, bellezza.
La Storia che ha reso e rende immortali uomini e popoli e memorabili gli avvenimenti.
La Storia che ha reso e rende immortali uomini e popoli e memorabili gli avvenimenti.
Rocco Di Bono ci parla di quella Storia ma lo fa con
inusitata maestria e con leggerezza, rapportandola a una scala e dimensione
umana con la sensibilità e il garbo dei ricordi.
Così, per Rocco, la Storia è fatta anche e soprattutto di
storie umane e personali che hanno attraversato la nostra generazione, che
hanno fatto parte della nostra esperienza e che hanno costruito la nostra
cultura e il nostro modo di essere, che hanno inciso sui modelli sociali e
forse anche sui comportamenti.
È la storia della seconda metà del Novecento, il mezzo
secolo più vicino a noi, praticamente una vita narrata a flash che scattano
leggeri e rapidi e illuminano un percorso, quello della conclusione di un secolo
e della transizione nel nuovo millennio.
Col fiuto di un segugio, lo fa seguendo una traccia insolita
e insospettabile, sorprendente, singolare, emozionante, bizzarra. Troppi
aggettivi? No. Se la pista è quella del microsolco inciso sul disco in vinile
prima e CD-Rom poi, vi assicuro che di aggettivi ne occorrerebbero molti altri.
Le storie e i fatti che hanno caratterizzato l’ultimo
Novecento possono essere raccontati in molti e diversi modi, quello standard è
costituito dal rosario delle date che snocciola e descrive man mano le vicende,
in una progressiva successione di eventi.
La narrazione di Rocco Di Bono appassiona ed emoziona perché
usa la musica per raccontarci questi ultimi cinquant’anni. Anche lui parte dal
calendario ma incrocia poi i dati con le mille storie quotidiane e con le
canzoni che hanno caratterizzato o segnato quel particolare momento storico,
culturale, sociale. Ne vien fuori un coro polifonico di inusitata leggerezza e
stringata bellezza che tratteggia gli avvenimenti salienti di fine
secolo/millennio.
Rocco dà inizio al suo bel libro Cantava l’anno chiedendosi “Com’era la luna nella primavera
italiana del 1950? Certamente rossa, come le bandiere sventolate dalle migliaia
di contadini e braccianti che in ogni parte d'Italia andavano, in quei mesi, ad
occupare le terre incolte.”
Il movimento dei “senza terra”, nonostante la brutalità
della repressione scelbiana, colse in quello stesso anno il successo della
riforma agraria che fu legge nell’ottobre del ’50.
Ma, sempre nel 1950, Di Bono ci ricorda che nel giro di due
mesi Cesare Pavese passa dalla vittoria letteraria del Premio Strega al
suicidio in una solitaria camera d’albergo. E soffiano anche drammatici venti
di guerra: la Corea si infiamma, gli USA intervengono militarmente. Zitta zitta
la Cina invade e si annette il Tibet.
Intanto in Italia è il ritmo beguine che tiene banco con un testo firmato da Vincenzo De
Crescenzo, che descrive il vagabondare notturno e dolente di un uomo
abbandonato con “l'uocchie sott’o
cappiello annascunnute, / mane int’a sacca e bávero aizato”, se ne va in
giro, fischiando alle stelle e rimuginando sulle sue delusioni d’amore, fino
all’amara constatazione che ad aspettarlo “ccà
nun ce sta nisciuno”. È la stessa Luna Rossa, forse.
Passando attraverso il boom economico, il sessantotto e la
lenta rivoluzione dei costumi, lo sbarco sulla luna, la rivolta studentesca del
’77 e gli indiani metropolitani (come dimenticare i murales di Valle Giulia?),
le stragi neofasciste e quelle che sapremo poi mafiose, il passaggio sotto le
forche caudine degli anni di piombo, il terrorismo brigatista, le
trasformazioni della e nella società italiana introdotte dalla legge sul
divorzio prima e sull’aborto dopo, l’assassinio di Pasolini, il fenomeno e la
diffusione delle cosiddette “radio
libere”, il Vietnam, il Medio Oriente, il muro di Berlino, Piazza Tien An
Men, il crollo dell’URSS, Sarajevo, Tangentopoli sono solo alcuni dei tanti accadimenti
che il burrascoso mezzo secolo di Cantava
l’anno ci racconta e si conclude col 1999.
È nell’ultimo anno del secolo che il progetto europeo si consolida
con la nascita dell’Euro. Tra la fine del ’98 e il gennaio ’99 muoiono Battisti
e De Andrè, a fine novembre a Seattle la terza Conferenza Ministeriale
dell'Organizzazione Mondiale del Commercio termina tra dimostrazioni di massa
contro l'OMC e la globalizzazione.
Nasce così il “popolo
di Seattle”, il movimento no-global nel quale confluisce un insieme
internazionale di gruppi, organizzazioni non governative, associazioni e
singole persone, tutte accomunate dalla critica al sistema economico
neoliberista dominato dalle multinazionali, che genera i conflitti per la
supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e
delle materie prime.
Un anno dopo uscirà No
Logo, un saggio della giornalista e scrittrice canadese Naomi Klein che
sarà considerato uno dei testi di riferimento principali del movimento
no-global e, al di là di ogni tentazione o fascino utopistico, affermerà
speranzoso che “Un altro mondo è possibile”.
Complessivamente, dunque, un turbinio di eventi che parte con le lotte contadine e con l’occupazione delle terre nel 1950, e si conclude col movimento internazionale che si contrappone alla globalizzazione del pianeta a partire dal 1999. Il tutto legato dal filo rosso della musica e delle canzoni che hanno scandito il tempo di quegli eventi.
Non c’è che dire, una bella galoppata che vale la pena di
intraprendere.
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Cantava l’anno,
Rocco Di Bono, Ed. Nuove Proposte, Martina Franca (TA).

